domenica 12 luglio 2009

SILLABARIO

"Gemma, senti", disse il più giovane dei cinque figli del Patriarca di Montalbano mentre la cognata gli versava il caffelatte nella scodella e gli passava il pan biscotto per la colazione. "Gemma, senti. Tu non sai leggere e scrivere. Che dici se ti compro un sillabario e ti aiuto a imparare?". "Se ci tieni, va bene, Gio! Però i conti che mi servono per la spesa, per vendere i polli e le uova e per i giorni del calendario li so fare. Leggere e scrivere non mi servono a niente.".
"Ma chi sa leggere e scrivere sa meglio difendersi!". Gemma non capiva: da che cosa avrebbe dovuto difendersi?
Ma Gio (Giovita per intero) era il suo cocco e decise di provarci.
E così, ogni giorno, imparava una lettera. Ma il giorno dopo non la sapeva più. Gio non era contento e Gemma ancora meno. Si incaponiva sugli esercizi e intanto lasciava indietro la casa, la stalla, le mucche, gli altri animali, i cortili. Dopo qualche giorno, la fattoria era un macello e nessuno sapeva perché, visto che tutti uscivano il mattino e tornavano la sera, e la Gemma restava lì a fare la residora.
Un giorno, però, Lorenzo, suo marito, il maggiore dei cinque fratelli, tornò a Montalbano con il veterinario avendo notato che Moro, uno dei due buoi, non stava troppo bene. Capitò nel cucinone, Lorenzo, dietro le spalle di Gemma che ripeteva, con il sillabario aperto, A come ape, O come oca, U come uovo, e così via. L'uomo la prese per i capelli e le sbatacchiò qua e là la testa, gridando:" Ecco perché! Ma che cosa credi, che ti abbia sposato per fare la signora? Se ti trovo di nuovo a perdere tempo, ti chiudo in un sacco e ti riempio di legnate!".
Gemma raccolse da terra le forcine per i capelli e risistemò le lunghe grosse trecce intorno al capo, annuendo verso il marito. Aveva capito.
Il mattino dopo, nel cesso, appese al gancio della carta per pulirsi quando il fico era spoglio, stavano, tagliate meticolosamente a metà, le pagine del sillabario.

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