mercoledì 18 ottobre 2017

Non il tempo


Non il tempo scandisce l’esistenza,
ma il silenzio rotto da piccoli grandi eventi.
Non il tempo dell’uomo e della sua storia,
ma il silenzio quando si fa concreto.
Ah, la profonda sofferenza all’incontro
con ogni cambiamento:
è allora che sento sfuggirmi
il tempo - o la vita - e le cose,
quelle piccole quelle grandi
le parole che mutano senza sfiorire
mentre sfioriscono la mente il corpo,
il prima il dopo, ogni prima ogni dopo
e la morte del desiderio,
la sparizione delle conoscenze
e questo rifugiarsi, nascondersi continuo
nell’unico immobile posto, sempre
sempre uguale a se stesso: il silenzio.

domenica 8 ottobre 2017




E mi prende l’angoscia
  
E mi prende
l'angoscia profonda
ogni volta che esco di casa.
Mi avvio e ritorno,
poi di nuovo m'avvio
una, dieci volte
giro e rigiro
le spalle alla porta,
quasi le voltassi alla vita.
E mentre scrivo
mi si annebbia la vista
nell'urlo straziante
che tu non devi sapere,
perché ti stringo
fra le dita come
prezioso filo di seta
da tessere ancora
e ancora finché il tempo
non svanisca.
E io, valchiria del tempo
vestita di bianco,
mi nutro di foglie di gelso
e scalo fascine di vigna
legate da indistruttibile
salice e piango
- su preghiere -
non volute né cercate
che sia dio o sia dea
o forse speranza
o filatura vana
per un bozzolo mai finito.

 ML




Concorso Parasio 2017 - Menzione d'onore poesia inedita GLI OCCHI DI MIA MADRE




Gli occhi di mia madre                                                

Fili di bianca seta, racconto della tua età.
Le mani forti amare come foglie d’oleandro.
Occhi color di sole, riflessi di rugiada
sull’erba del mattino. I tuoi occhi, ad Agosto
neri e profondi come il lago laggiù, intorno
alla Rocca di Manerba, nelle pupille la forza
dei ricordi che tanto amo, negli angoli rughe
piccole, fanciullesche, fiorite da bambina
nei giorni del dolore. Le labbra: il sorriso
breve, rosa antico, colore tenero cornice
di parole scarne, rare, spunto ciascuna
per una canzone. Sempre pensai la tua
esistenza com’eternità. Ti cullai nel giorno
delle domande, ma tu te ne andasti via senza
aspettare, ambigua e dura, precedendo il tempo
delle risposte, occhi cerei di neve, a Febbraio.

Di contro a Manerba, Sirmione s’allunga al Garda,
stria lattiginosa fra le dita della Luna.
Seduta, sto sopra uno dei massi della riva,
la famiglia dei cigni selvatici che dove
non so se è lì smarrita nell’andare a dormire.
Accanto all’antico ponte della Veneziana
sbarbagliano motori di battelli alla fonda.

ML



Premio Vittoria Colonna 2017 - Poesia Edita Silloge NON UCCIDERMI - Diploma e motivazione



Oggi esco di casa lungo il viale del box. L’asfalto trasuda muschio dalle crepe. Mi metto in ginocchio a raccogliere ghiande. Insetti curiosi mi ronzano stancamente intorno e due lucertole divenute rosse come la vite selvatica si trascinano  fin sotto i vasi di coccio.
È l’autunno: s’avvicina e silenzioso disegna la traccia, il percorso per  le foglie smarrite, inermi ai volteggi bizzosi del vento. Il suono lontano di un cembalo: Chopin la Berceuse. Strumento disadatto alla divinità. Dolorose pulsazioni di martelletti sulla pelle  confuse con le piccole fredde gocce della pioggia d’ottobre. Il tempo che cambia e mi presenta il conto. I miei occhi malati vedono ovunque arcobaleni. Mi sdraio sul basso largo muro di cinta. Cielo colore di miele, il sole che straccia nuvole bigie. Miele d’acacia. Dove sono le api?
Possiamo ucciderci fra di noi nella disumana deturpazione delle anime.
Stanno morendo, le api. Uccideremo anche l’ultima, bellissima, ottusi e sordi al suo grido:
- Non uccidermi prima che il sole abbia spento l’ultimo raggio.

Maddalena Leali - 18 ottobre 2016





sabato 7 ottobre 2017

Masecipensononmipento: La Pulce Letteraria 2017 - 1° PREMIO EX AEQUO - t...

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La Pulce Letteraria 2017 - 1° PREMIO EX AEQUO - titolo poesia E ORA



 E ora

 E ora, che sarà di noi?
Amarsi, volersi, aversi.
Le mani per una vita
a cercare il tepore della pelle
fra le pieghe inutili della stoffa,
carezze e sguardi teneri e caldi
misteriosi anche tra cento anni.
Forse cammineremo ancora contro sole,
tu con passo dinoccolato
io caracollando su tacchi vertiginosi.
Oppure in fila per due sopra un cavo
color dell’argento teso fra il cielo e noi,
equilibristi del dolore.

Che sarà di noi che scordiamo
giorno dopo giorno ogni infame passato
in questo vuoto, inconsapevole
 presente dei nostri figli?
Loro annaspano insicuri, graffiando
terre sconosciute che si sciolgono
sotto passi posati troppo lievi
su battigie sgretolate di attimo in attimo
dall'assenza di speranza e di umanità.
Perché dunque parlarci da tanto lontano,
dietro uno schermo che nulla
 nulla dice e brucia sensi e intelletto.
Smarriti nei nodi dell’elettronica
spezziamo cavi color dell’argento.

ML