Gli occhi di mia madre
Fili di bianca seta,
racconto della tua età.
Le mani forti amare come
foglie d’oleandro.
Occhi color di sole,
riflessi di rugiada
sull’erba del mattino. I
tuoi occhi, ad Agosto
neri e profondi come il
lago laggiù, intorno
alla Rocca di Manerba, nelle pupille la forza
dei ricordi che tanto amo,
negli angoli rughe
piccole, fanciullesche,
fiorite da bambina
nei giorni del dolore. Le
labbra: il sorriso
breve, rosa antico,
colore tenero cornice
di parole scarne, rare,
spunto ciascuna
per una canzone. Sempre
pensai la tua
esistenza com’eternità.
Ti cullai nel giorno
delle domande, ma tu te
ne andasti via senza
aspettare, ambigua e dura,
precedendo il tempo
delle risposte, occhi
cerei di neve, a Febbraio.
Di contro a Manerba,
Sirmione s’allunga al Garda,
stria lattiginosa fra le
dita della Luna.
Seduta, sto sopra uno dei
massi della riva,
la famiglia dei cigni
selvatici che dove
non
so se è lì smarrita nell’andare a dormire.
Accanto all’antico ponte
della Veneziana
sbarbagliano motori di
battelli alla fonda.
ML
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